I DRUIDI

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Cuno Albus
view post Posted on 6/1/2011, 23:58     +1   -1




Le notizie che abbiamo sui druidi differiscono a seconda degli autori e delle epoche, ma più che contraddirsi esse si completano. I druidi (il cui termine significa "molto saggio") erano essenzialmente dei sacerdoti che presiedevano alle cerimonie del culto e soprattutto celebravano i sacrifici. Scandivano il tempo secondo avitici rituali. Tutta la concezione del tempo, per i Celti, era regolata sulle fasi della luna, patrona della fecondità della terra e delle donne, basata su quattro grandi eventi stagionali, di cui l'Irlanda ha conservato il nome. L'anno cominciava il 1° maggio, cioè con la stagione dei giorni più lunghi. In Bretone giugno è detto "mezza estate". L'inverno cominciava il 1° novembre, in bretone inizio dei "mesi neri", così come mostra il nome di ottobre "sotto-autunno". Tutte le conoscenze e i segreti erano appannaggio dei druidi. E' possibile che all'inizio, essi formassero un'unica classe ma poi la loro organizzazione si sviluppò, divenne più complessa e perciò si articolò in classi diverse. Una di queste riuniva in Gallia i Vates, specializzati in sociologia, in storia e in scienze naturali, per finire, vi furono ai margini della collettività druidica, i Bardes, sorta di poeti-cantastorie ufficiali della società celtica e nello stesso tempo, cronisti. Infatti, in un'epoca in cui non esistevano i giornali, gli avvenimenti erano divulgati da interminabili cantilene che il popolo ascoltava con passione. Nella gerarchia irlandese, invece, a fianco dei druidi, compaiono i Filid, che svolgevano in qualche modo le funzioni scientifiche e poetiche ed erano quanto a dignità uguali ai druidi, nonché disposti secondo una rigida gerarchia. La parola druido significa "molto saggio". Gli antichi avevano sentito parlare di loro fin dal IV sec. a.C. e avevano un profondo rispetto per le loro conoscenze e la loro saggezza.

Il druido; illustrazione di Keith Parkinson

Non abbiamo nessun testo che riassuma l'insegnamento dei druidi, ma sappiamo che, senza essere esoterico o segreto, tuttavia esso era riservato agli allievi delle loro scuole, specie di seminari agresti, lontani dall'agitazione del mondo e frequentati soprattutto dai figli dell'aristocrazia. La quercia per i druidi era particolarmente sacra, poiché vi si raccoglieva il vischio. I boschi, più ancora dei laghi e dei fiumi, erano luoghi di presenza divina. Il bosco era a tal punto parte integrante della cultura dei Celti che per loro non era possibile dissociarlo dagli sforzi per abbattere il nemico. Per i Romani abbattere i santuari forestali dei Celti era importante quanto sconfiggerne le truppe sul campo di battaglia. La visione della vita che i Celti acquisivano per mezzo dell'insegnamento druidico, l'assenza di paura per la morte e dell'aldilà, non si spiegherebbero senza una credenza radicata nell'immortalità dell'anima e nella possibilità per l'uomo di conoscere le forme di esistenza più diverse. Infatti il loro amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, la loro apertura verso tutte le esperienze, rivela in loro il senso dell'unità del cosmo, più di duemila anni prima che la scienza moderna, con tutte le sue tecniche, avesse solo cominciato a supporla. I druidi rappresentavano il cardine dell'unità dell'impero spirituale celtico, i promulgatori dell'armonia e della sapienza, i signori degli elementi (acqua, fuoco, vento, terra). Fu proprio per questo che i conquistatori romani arrivarono a sopprimerne la casta e proibire le loro riunioni e il culto, per colpire al cuore la società celtica.




tratto integralmente da:
http://spazioinwind.libero.it/menhir/Menhir/icelti.htm
 
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Rhiannon Lingones
view post Posted on 11/1/2011, 15:31     +1   -1




Molto molto interessante Cuno!
Colgo l'occasione per ringraziarti di questi scritti che leggo sempre anche se non rispondo. :)

Cito "Il Vischio e la Quercia - Spiritualità celtica nell'Europa druidica" di Riccardo Taraglio:
Essendo la scrittura non utilizzata dai Druidi, se non per funzioni propriamente magiche (ma mai per l'insegnamento) fu solo grazie ad alcuni monaci irlandesi (e molti di essi erano stati Filid, poeti-druidi) che sono pervenute a noi notizie sulla tradizione religiosa, la mitologia, le saghe degli eroi e la genealogia delle stirpi guerriere e dei re.

Altra curiosità: pare che nella redazione irlandese del nuovo testamento i Magi vengano chiamati Druidi (nel senso di Saggi, Sapienti, Indovini).

Cesare fu l'autore che descrisse ampiamente il ruolo occupato dai Druidi nella società celtica ed egli ebbe un rapporto diretto con uno di essi: Diviziaco. Cesare non distinse però i vari gradi all'interno della classe sacerdotale.
Diodoro Siculo e Strabone riconobbero invece diverse "specializzazioni".
Diodoro accorda ai Druidi l'ufficio della religione, ai Bardi l'esercizio dell'eulogia, della satira e dell'arbitrato, agli Indovini (i Vate) quello della diviniazione, dell'arte augurale, del sacrificio.
Strabone precisa che i Druidi si occupano dello studio della natura (la scienza della natura), della filosofia e della giustizia; i Bardi del canto e della poesia, i Vati del sacrificio e dell'interpretazione della natura.

All'interno della classe druidica ogni individuo si specializzava in alcune delle funzioni, mentre pochissimi si potevano dire samildanach "coloro dalle molte arti", Druidi completi nel vero senso del termine.
 
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Cuno Albus
view post Posted on 11/1/2011, 19:59     +1   -1




Bene, bene, ottimo, grazie a te Rhiannon più che altro, mi interessa molto l'aspetto spirituale celtico, se così si può chiamare, e noto che viene ben trattato o meglio trattata la "figura" del druido, invece, degli sciamani non se ne parla prorio anche se nella mia ricerca qualcosa ho trovato e pubblicato nei post che hai letto, probabilmente i romani non li (gli sciamani) distinguevano dai druidi e comunque se hanno lasciato poche tracce di come operavano nei tempi antichi i druidi, ancor meno ne hanno lasciate gli sciamani, anche per il fatto che se per i druidi esisteva una scuola per gli sciamani no, credo che lo sciamano fosse istruito da altri sciamani e quindi non era una vera e propria scuola, anche perchè la padronanza della trance non si può imparare. Lo sciamanesimo si pratica tutt'ora in varie parti del mondo e credo sia cambiato poco rispetto ai tempi antichi, diventa invece difficile comprenderlo alla luce delle moderne scoperte scientifiche e questo vale anche per il druidismo almeno credo.
 
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Rhiannon Lingones
view post Posted on 12/1/2011, 13:31     +1   -1




Ho acquistato un libro intitolato "Sciamanesimo celtico" di John Matthews.
Devo ancora leggerlo, ma io penso, nella mia ignoranza, che essendo lo Sciamanesimo forse la disciplina spirituale più antica, abbia "contaminato" tutte le correnti spirituali a venire, fra cui, penso, anche la spiritualità celtica.
 
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Cuno Albus
view post Posted on 12/1/2011, 19:52     +1   -1




Lo sciamanesimo è antico come l'uomo c'è poco da fare, e comunque come recita il Mircea sono rimaste delle tracce tutt'oggi. E aggiunge che lo sciamanesimo indoeuropeo che è quello che ci interessa, assomiglia allo sciamanesimo Turco - Tartaro.
Fammi sapere quando hai letto il libro sullo sciamanesimo celtico che se ne vale la pena lo leggo pure io.
 
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Adgennorix
view post Posted on 13/1/2011, 00:42     +1   -1




Molto interessante ed istruttivo. Grazie Cuno.
 
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Cuno Albus
view post Posted on 13/1/2011, 10:48     +1   -1




Visto che incoraggiate posto qui alcuni appunto sullo sciamanismo indoeuropeo.

Ancora qualche appunto sullo sciamanismo Indoeuropeo

Secondo la tradizione nordica si può divenire profeti sedendosi su delle tombe e poeti cioè ispirati dormendo sul sepolcro di un poeta: Si ritrova un costume analogo fra i Celti: il fili mangiava la carne cruda di un toro, ne beveva il sangue e avvoltatosi nella sua pelle si addormentava; durante il sonno “amici invisibili” gli comunicavano la risposta alle questioni che lo assillavano. Oppure ci si metteva senz’altro a dormire sulla tomba di un parente o di un antenato, e si diveniva profeta.
Tipologicamente, queste usanze si avvicinano all’iniziazione o all’ispirazione dei futuri sciamani e maghi che passano la notte vicino a dei cadaveri o nei cimiteri. L’idea che fa da substrato è la stessa: i morti conoscono l’avvenire, possono rivelare cose nascoste, ecc. Il sogno ha talvolta una parte consimile: nella G’sla Saga il poeta indica il destino di certi privilegiati dopo la morte.

Ricorderemo soltanto che le idee concernenti l’esistenza dopo la morte non erano esenti di contraddizioni né fra i Celti né fra i Germani. Le loro tradizioni parlano di varie sedi destinate ai trapassati, concordano con le concezioni di altri popoli circa la pluralità dei destini nel postmortem. Hel, l’inferno propriamente detto, secondo il Grimnismal si trova sotto una delle radici dell’albero Yggdrasiil, cioè nel “centro del mondo”. Si parla anche di nove piani sotterranei: un gigante pretende di aver acquistata la sua sapienza col discendere nei “nove mondi inferi” qui noi dunque incontriamo lo stesso schema cosmologico centro asiatico dei sette o nove Inferni corrispondenti ai sette o nove Cieli. Ma ancora più significativa è la dichiarazione del gigante: si diviene “sapienti” – cioè chiaroveggenti – grazie ad una discesa negli Inferi, discesa che, pertanto, si ha il diritto di considerare come una iniziazione.

Lo stesso Odino discende negli inferi sul suo cavallo Slepnir per resuscitare la volva e conoscere la sorte di Balder.
Un terzo esempio di discesa si trova in Saxo Grammaticus ed ha per eroe Hadingus: mentre questi stava mangiando, una donna gli appare improvvisamente e lo invita a seguirlo. I due discendono sottoterra, attraversando una regione umida e tenebrosa, trovano un sentiero battuto sul quale vanno figure ben vestite, entrano quindi in una zona soleggiata ove crescono fiori di ogni specie e giungono dinanzi ad un fiume che essi attraverso passando per un ponte. Allora vedono due eserciti impegnati in una battaglia che la donna dice essere eterna: sono i guerrieri caduti sui campi di battaglia che continuano a combattere: infine giungono davanti ad una muraglia che la donna cerca invano di oltrepassare; essa uccide un gallo che aveva con se e lo getta di là dal muro; il gallo torna in vita, perché subito dopo si sente il suo canto di là dalla muraglia. Purtroppo qui Saxo interrompe il suo racconto ma in quanto egli dice sulla discesa di Hadingus guidato dalla donna misteriosa si trova già il motivo mitico ben noto: il cammino dei morti, il fiume, il ponte, l’ostacolo iniziatico (la muraglia) il gallo che torna in vita di là dal muro sembra indicare la credenza che almeno alcuni privilegiati (cioè alcuni iniziati) possono contare sulla possibilità di un “ritorno alla vita” dopo la morte.

Ci limiteremo ad accennare ai “guerrieri belva” ai berserkir che, per via magica, fanno proprio il “furore” felino e si trasformano in belve. Questa tecnica di estasi guerriera, che si trova attestata presso anche altri popoli indoeuropei e della quale sono stati anche trovati dei paralleli anche in culture extraeuropee, con lo sciamanismo stricto sensu ha solo rapporti superficiali. L’iniziazione di tipo guerriero (eroico) per la sua struttura si distingue dalle iniziazioni sciamaniche. La trasformazione magica in una belva appartiene ad una ideologia che va oltre la sfera dello sciamanismo. Le radici di questa ideologia riportano ai riti di caccia dei popoli paleo-siberiani e più giù vedremo quali tecniche dell’estasi possono derivare dall’iniziazione mistica del comportamento di un dato animale.

Secondo ciò che Snorri riferisce, Odino conosceva e praticava la magia detta seidht: grazie ad essa poteva prevedere il futuro e causare la morte, la sciagura o la malattia. Però Snorri dice che questa stregoneria implicava una “turpitudine” tale che gli uomini non la usavano mai “senza vergogna”: il seidhr era piuttosto una prerogativa delle gydhjjur (sacerdotesse o dee) E nel Lokasenna si rinfaccia ad Odino l’uso del seidhr, cosa “indegna di un uomo”. Le fonti parlano di maghi (seidhmenn) e di maghe (seidhkonur) e si sa che Odino apprese il seidhr dalla dea freia. Pertanto, si può supporre che questa specie di magia sia stata una specialità femminile: per tale motivo venne considerata “indegna di un uomo”.
Di fatto le sedute di seidhr descritte dai testi ci presentano sempre una seidkona, una spakona (una chiaroveggente, una profetessa). La descrizione migliore si trova nella Eiriks saga rautha: la spakona possiede un costume tradizionale tutt’altro che primitivo: manto azzurro, gioielli, un copricapo di agnello nero con pelli di gatto bianco; porta anche un bastone e, durante la seduta, si siede su un cuscino di penne di gallina su un piedistallo alquanto elevato. La seidhkona (o la volva, spakona) va di fattoria in fattoria per rirvelare l’avvenire degli uomini e predire il tempo, la qualità del raccolto, ecc. porta con se quindici giovinette e altrettanti giovani che cantano in coro. La musica ha una parte essenziale nella preparazione dell’estasi. Durante la transe l’anima della seidhkona lascia il corpo e viaggia nello spazio; per lo più, assume la forma di un animale, come nell’episodio più su citato.
Per vari aspetti il seidhr si avvicina alla seduta sciamanica classica: il costume rituale, l’importanza del coro e della musica, l’estasi. Non ci sembra però che per questo si debba considerare il seidhe come sciamanismo stricto sensu: il volo mistico è uno dei leit-motiv della magia universale e specialmente della stregoneria europea. I temi specificatamente sciamanici di discesa agli inferi per riportare l’anima del malato o per accompagnare il defunto – benché come si è visto, siano presenti nelle tradizioni della magia nordica, non rappresentano un elemento essenziale nella seduta del seidhr, Questa sembra invece incentrarsi nella divinazione, il che vale quanto dire che ha piuttosto attinenza con la piccola magia.

Tratto integralmente da: LO SCIAMANISMO E LE TECNICHE DELL’ESTASI
di Mircea Eliade - edizioni Mediterranee

 
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